Le fortificazioni pelasgiche - Circeo - Storia e Leggenda

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Le fortificazioni pelasgiche

Le fortificazioni Pelasgiche rappresentano tuttora l'unica opera possente rimasta sino ad aggi quale eredità di questo popolo che migrò in Italia in epoca Pre-Romana. Sia Tucidide che Dioniso rappresentano, tra loro concordemente, che gli Aborigeni, partiti dalla Grecia prima dell'epoca d'oro Micenea, creassero dei centri abitati privi di mura difensive.

Continuando citano i Pelagici come un popolo che invece cingevano con mura i suoi insediamenti, infatti in Tucidide (I 7, 1) "Quelle città che furono fondate per ultime e che acquistarono maggiori ricchezze con lo sviluppo della marineria furono costruite con le mura sulla spiaggia stessa del mare e occuparono gli istmi per favorire i loro traffici …".

Gli Aborigeni, grazie ad Enotrio, incominciarono a costruire i loro insediamenti curando un miglior reciproco collegamento, ma le finalità difensive rimasero quelle dettate da una tecnica che prediligeva porre i centri abitati in modo che un lato fosse inaccessibile per motivi naturali come ad esempio paludi o asperità montane con dirupi.

I Pelasgi quindi arrivarono in Italia e si mischiarono agli Aborigeni, forse uniti dalla necessità di dover cacciare i "Siculi", portarono la loro tecnica edile sulla scorta di esperienze fatte quando erano parte integrante della civiltà Micenea. L'opera poligonale , si ritiene, che conobbe il suo massimo splendore in Italia tra il 1330 e il 1200 a.c.. Gli esuli Pelasgi comunque sembra sempre più provato che dominarono su quel territorio compreso tra il fiume Liri e il Tevere, tra la catena Appenninica e la costa Laziale tra Ostia e Minturno (dopo che scacciarono i Siculi).

Dioniso ci narra che dopo una evidente prosperità conobbero il declino tanto che la stirpe Pelasgica si disperse in più regioni fino a ridursi al minimo e salvo Crotone e qualche altro centro fondato nel territorio degli Aborigeni, le rimanenti città Pelasgiche perirono. Le costruzioni ciclopiche Laziali, come le mura poligonali di Hattusas, di Micene e di Tirinto, andarono lentamente in rovina.

La loro sapienza nell'arte edile e nella conoscenza della lavorazione dei metalli fu assorbita da altre popolazioni locali e molto probabilmente l'entità storica pelasgica si fuse con quella degli Aborigeni e delle altre successive popolazioni che giunsero qui nella provincia di Latina.

La scomparsa dei Pelasgici sicuramente è di molto anteriore agli albori della nascita di Roma, tanto è vero che quest'ultimi, sconoscendo la tecnica delle mura poligonali, edificarono tutte le mura in pietra in "pietra quadrata", ormai il ceppo di origine Pelasgica era già nel dimenticatoio del tempo.

Certo sconcerta la discesa esponenziale subita dai costruttori delle mura ciclopiche, ma molto probabilmente questo avvenne proprio perché nel loro continuare peregrinare si indebolirono sempre più e, forse, a causa del loro divenuto ridotto numero, dovettero scendere ad accordi con altre popolazioni che li accolsero proprio con la prospettiva di acquisire le molteplici conoscenze dei Pelasgi, ovvero, li utilizzarono come mero strumento per raggiungere un maggiore potere su altre popolazioni.

a sinistra: muro in blocchi tufacei "squadrati" di epoca romana.
a destra: una porta "megalitica" di accesso all'antica Norba. Ufficialmente attribuite ai romani, ma attualmente esistono al vaglio altre diverse teorie.

L'indebolimento dei Pelasgi è da ricercare nel fatto che le loro risorse umane erano limitate, presumibilmente non avevano un serbatoio da cui attingere proprio perché la loro dipartita dalla madre terra Micenea fu dovuta più ad una rottura e sicuramente ad un allentarsi degli stessi rapporti commerciali: insomma i Pelasgi d'Italia divennero una sorta di colonia abbandonata al suo destino e senza possibilità di tramandare o imporre un'entità storica specifica.

Aggiungiamo che in tale situazione una semplice battaglia con popoli avversi voleva dire perdere risorse umane non più rimpiazzabili e quindi si avevano due sole scelte ad poter fare: o perire definitivamente o allearsi con il più forte e divenirne un vassallo.

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