Il restauro distruttivo delle mura ciclopiche - Circeo - Storia e Leggenda

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Il restauro distruttivo delle mura ciclopiche

Le mura ciclopiche del Circeo sono state per due millenni una solida testimonianza archeologica del promontorio del Circeo. Nel secolo scorso queste meraviglie della storia hanno seriamente rischiato di essere cancellate per sempre. La prima volta, durante la seconda guerra mondiale, sotto le bombe dall’aviazione alleata che tentava di stanare elementi della 221^ Divisione Costiera italiana insediata e nascosta in varie zone del monte.  La seconda volta, invece, nel 1988, sotto i colpi delle  “pacifiche”, ma più devastanti, ruspe della soprintendenza archeologica del Lazio.

Dobbiamo ringraziare l’intervento di alcuni cittadini di San Felice, soprattutto l’associazione Il Fortino e Gabriele Lanzuisi, quando nel settembre del 1988, i giovani soci occuparono il cantiere e di fatto bloccarono i lavori.

Alla base di tali lavori, furono elaborati studi frettolosi, con scarsa, se non addirittura inesistente, progettualità, senza aver acquisito notizie precise di carattere storico, geologico ed archeologico di natura sia generale che specifica d’intervento, pur di non perdere l’opportunità di tali finanziamenti. Il Direttore dei lavori, nominato dalla Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio, era spesso responsabile di più cantieri e finiva col non poter essere fisicamente presente su ogni sito. I lavori di restauro inoltre furono assegnatia ditte che si rivelarono, nella fattispecie, prive di competenza e di professionalità nel settore nonché di affidabilità giacché, come emerse dalle relazioni tecniche, il metodo "ricostruttivo” che venne impiegato per svolgere i lavori, in soli pochi giorni arrecò un danno d’incalcolabile valore, e purtroppo irreversibile, ad un patrimonio, che appartiene all’intera comunità civile
.

Questo è il resoconto nelle memorie di Gabriele Lazuisi, responsabile e fra i fondatori de "Il Fortino":

"Questa è la realtà che ci trovammo di fronte quando ci recammo ripetutamente sul posto in cerca dei responsabili dei lavori per avere chiarimenti, mentre si procedeva alla demolizione delle Mura Poligonali con ruspa, pala meccanica, martello pneumatico… Non trovammo nemmeno il cartello previsto dalla Legge con le dovute autorizzazioni autorizzazioni indicante l’Ente titolare dei lavori e le imprese esecutrici. Il nostro intervento determinò il sequestro del cantiere da parte dell’allora Pretore di Terracina e impedì di fatto che si proseguisse nello scempio dell’Acropoli. Fu poi avviata una lunga procedura penale che ha visto coinvolti in qualità di imputati: la Direzione del Parco Nazionale, la Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio e i responsabili della Ditta esecutrice dei lavori.

Seguirono tre gradi di giudizio, il solo “primo grado” passò di mano a tre giudici diversi, diversi anche i P.M.; nel frattempo vi fu persino il cambio della procedura penale; seguirono numerosi rinvii con la conseguente prescrizione e, prima ancora che scadessero i termini, il beneficio di un’amnistia. I processi andarono perdendo gran parte della loro rilevanza giuridica e il mancato avvio di un procedimento civile per il risarcimento dei danni, da parte dell’Amministrazione comunale, ha vanificato il nostro impegno di anni.

Questa conclusione ci lasciò amareggiati e perplessi: avevamo svolto per quattro anni un attento e impegnativo lavoro, eseguito sulla base di fatti concreti nel tentativo di fornire un contributo alla chiara comprensione di tutta la vicenda,con la speranza che le nostre energie potessero essere spese nel futuro in un’ulteriore valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del Circeo, senza più doverci schierare contro la superficialità e l’indifferenza delle istituzioni, che avevano finito col danneggiare tale patrimonio, pur avendo il compito di proteggerlo. Invece, questa storia e lo strascico giudiziario che ne seguì, determinarono dannose inimicizie da parte di quegli stessi enti che avrebbero dovuto essere i nostri naturali alleati ed interlocutori privilegiati nell’opera di salvaguardia del territorio".

La parte distrutta nel 1988 così coma appariva (fine 1800):


Fonti e Bibl.: bimestrale Centro Storico n.24, maggio/giugno 2007; archivio Cederna.

agg.1 05.05.2012



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