Le grotte del Monte Circeo - Circeo - Storia e Leggenda

Storia e Leggenda del Circeo
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Le grotte del Monte Circeo

di Alberto Carlo Blanc
SAPERE - Anno V - Volume X - n. 111, 15 agosto 1939 - XVII
Ulrico Hoepli Editore

Le costiere del Lazio e particolar mente quelle dell'Agro Pontino e del Monte Circeo presentano chiare testimonianze delle oscillazioni subite dal livello del Mediterraneo, in rapporto con le ultime grandi oscillazioni c!imatiche del Pleistocene. Lo spostamento delle masse di acqua, volta a volta sottratte al grande ciclo idrico terrestre, trattenute sui continenti a costituire le enormi calotte di ghiaccio durante i periodi glaciali, e che poi venivano liberate e ritornavano, durante i periodi interglaciali, ad aumentare il volume delle acque oceaniche, ha determinato queste oscillazioni del livello dì tutti i mari aperti. E' stato calcolato che se, per cause climatiche, fossero portati a fusione tutti i ghiacci continentali attuali, il livello degli oceani si solleverebbe di oltre 40 metri. Durante i periodi glaciali invece, quando le immani calotte di ghiaccio scesero a ricoprire l'Europa settentrionale fino all'altezza di Londra e di Berlino, ed i ghiacciai alpini si estesero fino alla valle del Po, i mari abbassarono il loro livello a oltre 100 m sotto lo zero attuale.

Durante l'ultimo periodo interglaciale il livello del Mediterraneo era di circa 10-15 m più elevato di oggi: quel mare ricopriva una buona parte dell'attuale Agro Pontino e circondava il Monte Circeo, escavando sui suoi fianchi tutta una collana di grotte litoranee e lasciando sul fondo di esse spiagge marine contenenti molluschi che oggi non vivono più nelle nostre acque, e sono confinati alla costa dell'Atlantico tropicale. Nell'interno delle grotte del Monte Circeo sono ben visibili le tracce di quest'antica linea di riva marina, sotto forma di solchi di battigia, scavati sulle pareti rocciose, e di perforazioni di datteri marini, fino a circa 10 m di altezza.

Quando, all'inizio dell'ultimo periodo glaciale, il livello del Mediterraneo scese di varie diecine di metri al disotto del suo livello attuale, sulle spiagge emerse, nei pantani salmastri della piattaforma continentale che la regressione marina faceva gradualmente affiorare, si spinsero le faune, includenti gli elefanti, i rinoceronti, gli ippopotami, relitti del precedente periodo di clima temperato, a ricercare nell'ambiente litoranee la benefica protezione della termoregolazione marina. E dietro alle mandre di selvaggina, si spinse l'uomo, che già era presente nelle nostre regioni. Nelle scarpate dei canali di bonifica recentemente scavati nell'Agro Pontino, e nell'interno delle grotte del Monte Circeo. sopra alla spiaggia fossile dell'ultimo interglaciale, ho potuto raccogliere i residui dei pasti, i carboni dei focolai e le armi di selce scheggiate, sola testimonianza di quell'antichissimo abitatore della costiera laziale.

Le numerose grotte del Monte Circeo diedero ricetto a queste popolazioni, che vi lasciarono abbondanti tracce della loro presenza; le quali furono a mano a mano sepolte dai detriti rocciosi franati dalle pareti e dalle sabbie sollevate dal venti sulla prossima pianura e che venivano deponendosi, nel corso dei millenni, ai piedi del monte. Molte delle grotte furono riempite in tal modo completamente, e le loro aperture furono a loro volta ricoperte dalle conoidi di detriti di falda franati giù dal monte, che, permeate da acque calcarifere, vennero cementandosi in solidi lembi di breccia.

Poi si iniziò la fusione dei ghiacci continentali ed il mare risalì lentamente fino al suo livello attuale. Quando la forza demolitrice delle onde raggiunse il piede delle conoidi di deiezione e dei lembi di breccia che si erano sovrapposti alle grotte litoranee, mascherandone le aperture, essa operò su queste formazioni la sua azione distruttiva. La forza delle onde scalzò le masse dì breccia, lasciandole talvolta sospese sul vuoto. Il riempimento stesso delle grotte fu ben presto lambito ed asportato, salvo nelle parti più interne di alcune di esse, ove ne sono rimasti intatti lembi talvolta considerevoli, dello spessore di 10 o 15 metri. In molti casi il mare ha esercitato sul riempimento un'erosione differenziale, operando, ad esempio, il parziale svuotamento degli strati inferiori della grotta, più incoerenti, lasciando invece i sovrapposti strati stalagmitici e brecciosi sospesi sul vuoto. Basta oggi percorrere le scarpate messe in evidenza dall'azione marina, per raccogliere in seno agli strati, cesellati dalle onde, i residui fossili degli animali che avevano servito di pasto, i frammenti di carbone dei focolari, e gli arnesi e le armi di selce scheggiata, testimonianze di una vita antichissima.

Negli anni scorsi avevo esplorato 31 grotte situate sulla costiera del Circeo, tra la Torre Paola e Torre de! Fico. Tutte testimoniavano di avere subito un'analoga storia. Il 24 febbraio 1939 veniva casualmente scoperta l'imboccatura di una nuova grotta, la 32.a della costiera ilei Circeo che, per la sua posizione alquanto discosta dalla linea di riva, non era stata raggiunta dalle azioni dinamiche del mare, ed era quindi rimasta nascosta sotto il manto millenario dei detriti di falda, cementati in una solida breccia, ai piedi delle falde orientali del monte. La scoperta della grotta si doveva a lavori di estrazione di calcare, che ad un certo punto misero in luce un angusto e tortuoso cunicolo. Penetrato nell'interno procedendo carponi, potei constatare che il cunicolo di accesso era costituito dal breve spazio rimasto tra la volta rocciosa di una caverna e la superficie del riempimento detritico che l'aveva quasi interamente riempita. Nell'interno la volta si alzava e si allargava in una serie di antri. Il suolo era letteralmente cosparso di ossa fossili di iena, di leone, di elefante, di cervo, ecc. appena rivestiti di un velo sottile di concrezioni calcaree. In un piccolo antro interno, su un gruppo di pietre disposte a formare una specie di ovale, giaceva un cranio umano, di cui riconoscevo immediatamente i caratteri neanderthaliani. Esso è il cranio di Homo Neanderthalensis più completo e nel miglior stato di conservazione che sia stato rinvenuto fin'ora.

A parte il pregio dei rarissimo fossile umano, il giacimento della Grotta Guattari presenta una caratteristica che lo rende unico del suo genere: il suolo fossile, conservatosi intatto attraverso diecine e diecine di millenni, tale e quale lo hanno calcato l'uomo musteriano e le fiere che hanno alternativamente abitato la caverna. Le frane che avevano chiusa e nascosta l'apertura della grotta, hanno determinato un arresto completo dell'accumulo de! materiali detritici nel suo interno, e questo ci presenta oggi la visione estremamente suggestiva dell'ambiente nel quale ha vissuto l'uomo di Neanderthal. con i residui dei suoi pasti sparsi sul suolo, e le pietre da lui disposte presso le pareti.

Parlando di questo giacimento, il massimo antropologo inglese, Sir Arthur Keith, lo ha recentemente paragonato alla tomba di Tutankamen: la tomba egiziana fu chiusa per opera dell'uomo circa 1300 anni prima di Cristo; la Tomba musteriana del Monte Circeo, sigillata da una frana provvidenziale, è rimasta intatta per un periodo che è valutabile ad oltre 70.000 anni!

Una delle felici particolarità del giacimento neanderthaliano del Circeo è quella che la sua datazione geologica in rapporto alle oscillazioni del livello del Mediterraneo ed alle variazioni della fauna pleistocenica è evidente. Il cranio umano e tutti gli oggetti e che giacevano sulla superficie del suolo interno della grotta sono necessariamente più recenti dell'ultimo periodo interglaciale, durante il quale il mare batteva ancora nell'interno della caverna; essi sono necessariamente più antichi della seconda oscillazione climatica fredda dell'ultimo periodo glaciale, estremamente acuta e micidiale, che ha prodotto l'estinzione di tutti i pachidermi «caldi» nelle regioni circum-mediterranee. Alcuni di questi sono infatti presenti, assieme all'uomo di Neanderthal, sul suolo musteriano della grotta.

La curva delle variazioni della radiazione solare, calcolata dall'eminente geofisico jugoslavo M. Milankovitch, e che viene oggi considerata una base obiettiva per la valutazione della durata assoluta degli eventi geologici dell'Era glaciale, ci consente di apprezzare infatti in numero di anni l'ordine di grandezza dell'antichità dell'uomo fossile del Monte Circeo. La suddetta curva attribuisce un'età di oltre 130.000 anni all'ultimo periodo interglaciale, ed un'età di 70.000 anni alla seconda oscillazione fredda dell' ultimo periodo glaciale.

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