Pier Paolo Pasolini accusato di rapina - Circeo - Storia e Leggenda

Storia e Leggenda del Circeo
Vai ai contenuti

Pier Paolo Pasolini accusato di rapina

18 novembre 1961

Il titolare di un bar trattoria a San Felice Circeo, Bernardino De Santis, sostiene che un equivoco avventore, dopo aver bevuto una Coca Cola e dopo aver e averlo importunato con strane domande, avrebbe indossato un paio di guanti neri minacciandolo di morte brandendo una pistola con pallottole d'oro e cercato di rapinarlo dell''incasso della giornata, in tutto 2.000 lire, per poi uscire facendo oscure allusioni.
Il barista cerca di reagire e colpisce con un coltello la mano del rapinatore, che fugge. Il giorno successivo il barista vede passare per strada una Giulietta, in cui riconosce il suo rapinatore: prende il numero di targa e fa una denuncia ai carabinieri. In quella Giulietta c'è Pier Paolo Pasolini. I carabinieri di Roma perquisiscono l'abitazione e la macchina di Pasolini in cerca della pistola. Pasolini ammette di essere entrato nel bar, di aver bevuto una Coca Cola, di aver fatto alcune domande, ma di essersi poi diretto a San Felice Circeo, dove stava lavorando alla sceneggiatura di Mamma Roma. La sua versione non convince e viene rinviato a giudizio.
I giornali della sinistra e quelli moderati difendono Pasolini contro l'assurda accusa, mentre i giornali di destra attaccano, come al solito, senza mezze misure lo scrittore.
Il processo si apre a Latina. L'avvocato difensore di Pasolini, il democristiano Carnelutti, viene sospettato dai giornali di essere l'amante dello scrittore. Pasolini viene condannato a quindici giorni di reclusione, più cinque per porto abusivo di armi da fuoco e diecimila lire per mancata denuncia della pistola, con la condizionale. I difensori presentano immediatamente appello. Il 13 luglio 1963 la corte d'appello di Roma dichiara di non doversi procedere contro Pasolini per estinzione del reato intervenuta per amnistia. L'avvocato di Pasolini, Berlingieri, ricorre in cassazione per ottenere l'assoluzione con formula piena, ma ottiene solo un'assoluzione per mancanza di prove.
Pasolini, successivamente, querela Bernardino De Santi: "Un giorno, un pazzo m'ha accusato di averlo rapinato (con guanti e cappello neri, le pallottole d'oro nella pistola): tale accusa è passata per buona e attendibile, perché a un livello culturale sottosviluppato si tende a far coincidere un autore coi suoi personaggi: chi descrive rapinatore e rapinato" [Pier Paolo Pasolini, articolo apparso su "L'Espresso"]. Per queste parole, Bernardino De Santis, il barista rapinato al Circeo, querela Pasolini per diffamazione. Il 31 gennaio 1967, il Tribunale di Roma "dichiara di non doversi procedere" contro Pasolini, "per essere il reato estinto per intervenuta amnistia".

1. Umberto Apice, Processo a Pasolini. La rapina del Circeo, 2007.

14 marzo 2013 | agg.1

Torna ai contenuti