Nerone imperatore - Circeo - Storia e Leggenda

Storia e Leggenda del Circeo
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Nerone imperatore

Nerone (54-68), figliastro di Claudio, dopo qualche anno di governo condotto con moderazione e in accordo con il Senato, diede al suo regno un carattere assolutista da monarca dispotico, circondandosi di fasto e atteggiandosi pubblicamente a musicista e poeta. Contro chi si opponeva al suo potere personale agì con la violenza, facendo uccidere, tra gli altri, anche la madre Agrippina. Nel 64, allorquando un incendio, forse scoppiato per caso, come spesso avveniva, distrusse diversi quartieri di Roma, Nerone accusò i cristiani, che furono in gran numero mandati al supplizio. Fu questa la prima persecuzione contro la nuova fede; in essa, secondo la tradizione, trovarono la morte Pietro e Paolo. Quattro anni dopo, nel 68 d.Cr., Nerone perì di morte violenta, dovuta ad una rivolta militare. Dopo la morte di Nerone si ebbe circa un anno di contrasti e di lotte fra le legioni, per la scelta del nuovo imperatore. Riuscì vincitore un generale, Vespasiano.


Anno 65 d.Cr.: l'incendio di Roma e la prima persecuzione contro i cristiani


«Seguì un vero disastro, non si sa se dovuto al caso oppure alla perfidia di Nerone, perché gli storici interpretarono la cosa nell'uno o nell'altro modo. Fatto sta che un terribile incendio devastò Roma, con effetti più gravi e spaventosi di tutti gli incendi precedenti. Cominciò in quella parte del circo che è contigua ai colli Palatino e Celio; si diffuse, poi nei luoghi piani; indi salì ai colli e poi di nuovo invase i luoghi bassi, impedendo ogni tentativo d'intervento perché il fuoco si appiccava rapidamente e con facilità nelle vie strette e tortuose e nei grandi agglomerati di case della vecchia Roma. In quel momento, Nerone era ad Anzio, e ritornò a Roma solo quando le fiamme si avvicinarono alla casa che aveva costruito per congiungere il palazzo con i giardini di Mecenate: si diffuse allora la voce che mentre la città era in preda alle fiamme egli fosse salito sul palcoscenico del palazzo, cantando l'incendio di Troia come prefigurazione della sventura presente.

Solo sei giorni dopo l'incendio cominciò a languire; ma poi di nuovo riprese ad infuriare, distruggendo ogni sorta di edifici, case, isolati, templi, palazzi, portici. Delle rovine Nerone si servì per costruirsi un palazzo e fece poi ricostruire case, strade e portici, con spazi assai più larghi che in passato. Continuava, nel frattempo, la dicerìa che l'incendio fosse stato ordinato da qualcuno, forse da Nerone stesso, per ricostruire la città a suo piacimento. Perciò, per tagliar corto alle pubbliche accuse, l'imperatore inventò dei colpevoli, accusando quelli che il popolo chiamava cristiani. Per primi furono arrestati coloro che facevano aperta confessione di tale credenza, poi, su denuncia di questi, ne fu arrestata una gran moltitudine, accusata non tanto dell'incendio, quanto perché si ritenevano accesi d'odio contro il genere umano. Quelli che andavano a morire erano esposti ad ogni sorta di beffe: coperti di pelli ferine, morivano dilaniati dai cani, oppure erano crocifissi, arsi vivi come torce. Perché tutti godessero di tale spettacolo, Nerone aprì al j pubblico i suoi giardini.»

da Tacito
13 gennaio 2017 | agg.1
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