La Grotta delle Capre
La Grotta delle Capre è la più famosa e visitata fra le grotte del Circeo insieme alla Grotta Guattari, si trova nel versante meridionale del promontorio del Circeo il località Quarto Caldo. Appena entrati ci si trova al cospetto di un maestoso un salone a forma di cupola alto oltre 15 metri. La grotta presenta alcune prosecuzioni: un cunicolo sul fondo del salone, tra pareti bianche, prosegue per circa trenta metri di lunghezza sino ad ambienti sempre più ridotti. Un secondo ramo parte con un passaggio basso sul lato destro del salone; un terzo, infine, con una rampa accanto all'ingresso.
Antichamente l'antro era conosciuto come Grotta della Maga, nel quale la leggenda antica vuole che la Maga Circe elaborasse i suoi incantesimi [1].
La grotta veniva in genere descritta come un riparo ampio e profondo e prenderebbe il nome dal fatto che veniva frequentemente utilizzata per ripararvi i pastori e le capre durante i periodi di pioggia o in tempo di notte (non si capisce, comunque, come possano accedervi delle capre visto l'ingresso alla grotta assai difficoltoso).
Una recente scoperta, frutto di uno scavo clandestino, ha portato alla luce lo scheletro di un bambino custodito all'interno di un anfora romana. Questo tipo di sepoltura, detto enchytrismòs, veniva praticato per inumare i bambini e consisteva nel deporre il corpo all'interno di un vaso in terracotta pithos con il corpo in posizione rannicchiata. Il pithos veniva deposto in un anfratto di roccia, ricoperto da un cumulo di pietrame e rimaneva visibile sulla superficie del terreno. A Roma, durante la repubblica, era usanza comune l'uso dell’incinerazione che continuò sino all’Alto Impero, quando venne sostituita con l’inumazione, imposta dalle religioni orientali e poi dal cristianesimo. Questo daterebbe i reperti, in prima istanza, al III-IV secolo dopo Cristo, ma non è da escludere una datazione più antica, fenicio-punica, o addirittura preistorica. Il compianto prof. Marcello Zei durante una campagna di scavo, in questa grotta, recuperò altri due scheletri, che sarebbero appartenuti sempre a bambini. Tali resti vennero portati alla luce presso la rampa dell'ingresso a sinistra ove giace uno smottamento di terra. Scheletri inumati nello stesso punto anch'essi ad enchytrismòs. Probabilmente la grotta conserva ancora altre sorprese archeologiche e si auspica un intervento della Soprintendenza per chiudere temporaneamente il sito affinche si avvii al più presto una campagna di scavi.
La grotta è una notevole testimonianza della trasgressione tirreniana durante l'ultimo interglaciale, quando alternanza del livello batimetrico nelle epoche geologiche, causato dalle variazioni del volume dei ghiacciai, ha influenzato l'evoluzione della cavità con il variare delle condizioni ambientali. Sulle pareti della Grotta delle Capre sono ancora evidenti i fori praticati dai litodomi (animali marini che hanno la caratteristica di trovare riparo nelle rocce più dure forandole con una secrezione acida). I fori dei litodomi si ritrovano sia nelle grotte poste a 23 metri di altitudine, che sulle pareti delle grotte poste a 8 a 4 e a 3 metri sul livello del mare. Sono questi i segni evidenti delle mutate condizioni paleogeografiche. E' stato possibile in tal modo stabilire qual'é stato il periodo di massima immersione e calcolare in due centimetri annui l'incremento medio del fenomeno, sia quando é in fase positiva che quando é in fase negativa.
All'interno della grotta è visibile la stratigrafia dello scavo compiuto dal Prof. Alberto Carlo Blanc quando nel 1936 portò alla luce 12 strati ti terreno. Nel quinto livello sono stati ritrovati resti di una fauna di tipo tropicale come l'ippopotamo, risalendo gli strati dal basso verso l'alto si perdono i segni di animali adattati a un clima caldo e si scoprono resti di fossili tipici dei climi rigidi: segno evidente del sopraggiungere della glaciazione.
Durante l'ultimo periodo interglaciale il livello del Mediterraneo era di circa 10-15 m più elevato di oggi: quel mare ricopriva una buona parte dell'attuale Agro Pontino e circondava il Monte Circeo, escavando sui suoi fianchi tutta una collana di grotte litoranee e lasciando sul fondo di esse spiagge marine contenenti molluschi che oggi non vivono più nelle nostre acque, e sono confinati alla costa dell'Atlantico tropicale. Nell'interno delle grotte del Monte Circeo sono ben visibili le tracce di quest'antica linea di riva marina, sotto forma di solchi di battigia, scavati sulle pareti rocciose, e di perforazioni di datteri marini, fino a circa 10 m di altezza [2].
1. Descrizione Topografica di Roma e Comarca, 1864
2. Carlo Alberto Blanc, Sapere, 1939
