Battaglia di Capo Circeo - Circeo - Storia e Leggenda

Storia e Leggenda del Circeo
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Battaglia di Capo Circeo

Roma e la campagna romana, nel IX secolo d.Cr., erano esposte alle scorrerie dei Saraceni. Non era ancora stata dimenticato l'attacco dell'846 durante il quale furono saccheggiate la Basilica di San Paolo fuori le mura e quella di San Pietro in Vaticano con la profanazione della tomba del primo degli Apostoli. Le scorrerie musulmane interessavano nell’entroterra anche la città di Anagni, ed erano state costanti a Terracina e nel territorio del Circeo. In questo periodo storico il Promontorio restò del tutto privo di difese e quindi abbadonato.


L'autorità imperiale era troppo debole perché potesse inviare un esercito a difendere la Santa Sede e l'Italia meridionale. Neanche i vari feudatari italiani. Nell'876 i saraceni saccheggiarono la Sabina e la città di Velletri, situata a soli 40 km da Roma. Inoltre insediarono una loro base permanente nel Sud Italia ad Agropoli. Le città di Napoli, Salerno, Amalfi, Capua e Gaeta si dichiarano alleate dei saraceni.


Papa Giovanni VIII decise allora di prendere in mano la situazione; nell'877 convocò a Traetto (l'odierna Minturno) il duca di Napoli Sergio II, il principe di Salerno, Guaiferio, e i duchi Pulcario di Amalfi, Landolfo di Capua e Docibile di Gaeta, chiedendo loro di rompere immediatamente l'alleanza con i saraceni. Solo Guaifiero e Pulcario accettarono. In particolare, Pulcario di Amalfi s'impegnò a rompere i patti stabiliti coi Saraceni e ad inviare proprie navi a pattugliare le coste del Lazio. A tal fine papa Giovanni VIII gli consegnò 10.000 mancusi d'argento. Gli amalfitani, però, non ruppero coi Saraceni né inviarono le loro navi. Il papa fece istanza di riavere il suo denaro: a tal fine informò Guaiferio, poi scomunicò Pulcari e tutta la città di Amalfi. Minacciò infine di scomunica Atanasio di Napoli se non avesse rotto l'alleanza con gli arabi.

Il duca di Napoli rifiutò, per non intaccare i forti legami commerciali con i Saraceni. Scomunicato quest'ultimo, con le forze che riuscì a raccogliere, papa Giovanni VIII si mise egli stesso alla testa di una flotta che, sempre nell'877, al largo di Capo Circeo, sconfisse una flotta musulmana, catturando 18 vascelli nemici e liberando 600 schiavi cristiani. Giovanni poté quindi vendicarsi definitivamente di Sergio II, incitando alla ribellione Atanasio, il vescovo di Napoli e fratello del duca, che fece accecare Sergio e lo mandò a Roma presso il papa, che lo mise in carcere dove restò fino alla sua morte.

Le navi nemiche scampate allo scontro furono spiaggiate sulle coste del Circeo e i marinai Saraceni catturati o uccisi. Poche decine di individui, circa 40, si nascosero negli anfratti e le grotte della montagna, fino alla laro cattura grazie all'aiuto delle truppe amalfitane.

Sulla battaglia di capo Circeo, è lo stesso papa Giovanni VIII, che in una lettera indirizzata all’imperatrice vedova Engelberga, descriveva con un latino vicino al volgare le fasi salienti dello scontro:

“ Cum fidelibus nostris coepimus naves XVIII. Saraceni multi occisi. Captivos fere DC liberavimus”

Con i nostri armati alleati abbiamo catturato 18 navi. Furono uccisi molti saraceni. Abbiamo liberato quasi 600 prigionieri.
Desolazione e abbandono

Come narrato da Girolamo Bardo nell'anno 844:

"...apparve nel Cielo di Terracina e il Circeo il sole molto oscurato; questo fenomeno fu interpretato  dai Circellesi qual prestigio di futuri mali, come infatti non equivocarono." [1]

I Saraceni di setta maomettana, che sin dall'anno 121 erano penetratiin Sicilia, giunsero per via di mare sulle coste del Circeo nell'anno 846:

"...e dopo aver depredata la vicina isola di Ponza, e condotti via come schiavi tutti i suoi abitanti, praticarono simile bottino nella decaduta città Circea, che distrussero unitamente al Fortino giacente sulla vetta del monte, dimodochè fu quella l'ultima epoca della sua esistenza.

I Circellesi che ritrovavansi rifugiati in Terracina, giacenti nella più grande miseria, stimolati dal dolce sentimento di rivedere le abbandonate patrie mura, ed animati ancora dal presidio militare colà stanziato, di unanimo consenso risolverono ritornarvi ad abitare, occupandosi alla meglio in costruire nella Rocca medesima dei piccoli casolari, che diedero origine al presente villaggio. [3]

Il Circeo rimase praticamente abbandonato, come sembra, a partire dall'anno 846. Ritroveremo un primitivo nucleo di Sanfeliciani, circa 15 elementi, nonche un piccolo presidio militare dopo la sconfitta militare dei Saraceni presso il Garigliano avvenuta nei pressi della località Giunture, frazione di Sant'Apollinare, venne combattuta nel 915 tra le forze della Lega cristiana e i Saraceni. La vittoria cristiana segnò la fine dell'espansione musulmana sulla penisola italiana. Papa Giovanni X diresse personalmente le forze cristiane nella battaglia.

1. Hieronymus Bardus, Chronologia

2. Contatore

3. Giuseppe Capponi


29 aprile 2017 | agg.1

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