La mareggiata del 1966 sul litorale laziale e gli eventi a San Felice Circeo
La mareggiata del 1966 sul litorale laziale e gli eventi a San Felice Circeo
Contesto dell’eccezionale mareggiata (novembre 1966)
Nei primi giorni di novembre 1966 un’ondata di maltempo di portata storica colpì molte zone d’Italia. Non ci fu solo la tragica alluvione di Firenze: anche le coste tirreniche soffrirono fenomeni estremi. In particolare il litorale del Lazio fu investito da una violenta mareggiata tra il 4 e il 6 novembre 1966, in concomitanza con le piogge alluvionali che devastarono Toscana, Veneto e altre regioni. Questa tempesta marina, definita talora un vero “uragano marino” per la sua forza, provocò erosione improvvisa e danni gravissimi su molte spiagge laziali. Le cronache dell’epoca descrivono onde altissime (a Napoli si registrò mare forza 9) e mareggiate che causarono rotture di dighe foranee e distruzione di infrastrutture costiere lungo tutto il versante tirrenico. L’evento del 1966 è ricordato come un punto di svolta: segnò l’inizio di una fase critica di erosione costiera sul litorale laziale, fenomeno fino ad allora poco percepito ma destinato a intensificarsi nei decenni successivi.
Danni lungo l’intera costa del Lazio
Le conseguenze della mareggiata del ’66 si fecero sentire su tutto il litorale laziale, da nord a sud. Secondo i resoconti ufficiali, si registrarono danni ingenti dalla provincia di Roma fino al Golfo di Gaeta. Località come Santa Marinella, Civitavecchia, Fiumicino, Ostia e lo stesso capoluogo di Latina subirono allagamenti, mareggiate e guasti alle linee elettriche e telefonichelegislature.camera.it. In diversi porti le strutture furono devastate: ad Anzio, Nettuno e Terracina la furia del mare divelse parabordi e bitte dagli attracchi, affondando numerose imbarcazioni da diporto e danneggiando gravemente i peschereccilegislature.camera.it. Anche le attrezzature portuali di Gaeta e persino dell’isola di Ponza risultarono colpite dalla tempestalegislature.camera.it. Insomma, l’intero litorale laziale venne flagellato da onde eccezionali e venti di burrasca in quelle ore. Le autorità conteggiarono centinaia di sfollati e pesanti distruzioni di strade litoranee, stabilimenti balneari e infrastrutture turistiche in tutto il Lazio marittimolegislature.camera.it. Fortunatamente, a differenza di quanto accadde altrove in Italia in quei giorni, non risultano vittime sul litorale laziale; i danni furono però enormi sul piano economico e ambientale.
L’impatto a San Felice Circeo e Terracina
Tra le zone più colpite vi fu la costa pontina, in particolare l’area tra San Felice Circeo e Terracinapgsblog.it. Le testimonianze locali concordano nel ricordare quell’evento come “una violenta mareggiata” abbattutasi sul Circeocircei.it. Proprio qui si registrò uno degli effetti più drammatici: il mare rase al suolo un lungo tratto del litorale del Circeo, nei pressi dell’odierno Viale Europa. In una sola nottata la strada litoranea fu letteralmente spazzata via dalla furia delle ondepgsblog.it. Il mare avanzò di 30-50 metri verso l’interno, divorando la spiaggia e distruggendo l’arteria stradale, arrivando pericolosamente a lambire le fondamenta delle ville costruite sulla duna costierapgsblog.it. Un testimone oculare ricorda che “una mareggiata notturna si portò via in una notte mezzo Viale Europa a San Felice Circeo”, lasciando il lungomare devastato e senza più arenile antistantepgsblog.it.
Anche la vicina Terracina subì devastazioni ingenti. La spiaggia del Lido di Terracina “sparì come d’incanto” in una sola nottepgsblog.it. Le onde travolsero e demolirono alcuni dei più antichi stabilimenti balneari della città, strutture in legno e muratura che avevano resistito per decenni ma nulla poterono contro la mareggiata eccezionalepgsblog.it. Interi tratti di lungomare rimasero distrutti o gravemente danneggiati. Secondo i resoconti, a Terracina scomparvero letteralmente intere porzioni di spiaggia e cabine, e gli stabilimenti “Roma” e “La Sirena” (attivi fin dagli anni ’20) furono tra quelli completamente abbattuti dalle onde. I detriti di questi impianti balneari vennero dispersi per centinaia di metri lungo la costa.
Anche le località fra il Circeo e Terracina – ad esempio i lidi di Porto Badino, Lido di Ulisse e Torre Olevola – patirono gravissimi arretramenti della linea di rivapgsblog.it. In una sola notte sparirono la spiaggia a oriente del promontorio del Circeo e la strada litoranea che portava a Torre Olèvola, mentre le onde inghiottivano dune e strutture costierepgsblog.it. Complessivamente, la mareggiata del 1966 alterò radicalmente la geografia costiera locale: dove prima si stendevano profondi arenili e dune, al mattino successivo si trovavano falesie improvvisate, voragini e tratti di costa erosi fino alla base delle infrastrutture.
In questa foto d’archivio (collezione P.G. Sottoriva) si osservano gli effetti dell’erosione sul litorale pontino dopo le mareggiate degli anni ’60: la spiaggia scomparsa ha costretto a collocare massi di difesa costiera a protezione degli edifici, mentre sullo sfondo è visibile il promontorio del Circeopgsblog.it. Il paesaggio di San Felice Circeo e Terracina cambiò drasticamente: la duna costiera arretrò di decine di metri e venne in parte cancellata dall’acqua. Interi stabilimenti e strutture lungo il mare risultarono inutilizzabili o distrutti. Numerosi abitanti ricordano ancora quel novembre 1966 come il momento in cui “il mare si riprese ciò che l’uomo gli aveva tolto”, divorando le zone dove erano sorte case e opere abusive sulla sabbia.Conseguenze e situazione negli anni successivi
La devastazione del 1966 ebbe conseguenze a lungo termine sul litorale laziale. Si dovettero attendere anni per cercare di ristabilire un equilibrio: in alcuni punti la spiaggia non tornò mai alle dimensioni originarie. Gli esperti constatarono che la linea di riva si era spostata stabilmente più all’interno. A Terracina, ad esempio, ci vorranno quasi vent’anni per ricostruire una fascia di spiaggia accettabile, su nuovi allineamenti arretrati della battigiapgsblog.it. Tuttavia si trattò di equilibri precari: il mare continuò ad avanzare negli anni ’70 e ’80, erodendo progressivamente altri tratti di costa. In particolare la spiaggia tra San Felice Circeo e Terracina continuò a ridursi a ogni mareggiata invernale, complici anche decenni di gestione urbanistica dissennata (sbancamento delle dune per far posto a case e cantieri navali lungo riva)pgsblog.it. Alcune strutture costruite troppo a ridosso del mare furono “fortunatamente distrutte dalle onde” nel 1966, rimuovendo abusi edilizi; altre invece sopravvissero e rimasero esposte, tanto da resistere persino alla successiva legge regionale sulla tutela delle coste (varata più tardi dalla Regione Lazio) che però i comuni applicarono con scarso rigorepgsblog.it.
L’evento del 1966 rappresentò anche una sorta di campanello d’allarme: per la prima volta in epoca recente l’opinione pubblica pontina prese coscienza del grave fenomeno dell’erosione costiera. Studi scientifici locali, come quelli del prof. Arturo Bianchini citati all’epoca, evidenziarono come il mare stesse “mangiando” le spiagge e avanzando verso l’entroterra già dai primi anni ’60pgsblog.it. Ma fu solo dopo la mareggiata del ’66 che il problema divenne drammaticamente evidente. Negli anni successivi, pubblicazioni e convegni denunciarono la scomparsa progressiva dell’arenile pontino, innescando le prime reazioni istituzionali.
Soccorsi e interventi immediati dopo il disastro
All’indomani della mareggiata, scattarono i soccorsi e furono avviate stime dei danni. Fortunatamente, come detto, non si ebbero morti o feriti gravi sul litorale laziale, ma centinaia di famiglie persero beni, attività commerciali (specie nel settore turistico-balneare) e imbarcazioni. Il governo italiano, già impegnato nell’emergenza alluvionale nazionale, incluse anche le zone costiere del Lazio tra le aree sinistrate da assisteresenato.itsenato.it. Vennero dichiarati stato di calamità e interventi d’urgenza. In Parlamento, vari deputati e senatori presentarono interrogazioni specifiche per il litorale pontino: ad esempio il 10 novembre 1966 parlamentari laziali chiesero al Governo misure straordinarie a favore dei comuni di Terracina, Gaeta, Ventotene, San Felice Circeo e Latina Mare, colpiti e gravemente danneggiati dall’ondata di maltemposenato.it. Si sollecitavano fondi per riparare strade e infrastrutture portuali devastate, nonché per indennizzare le famiglie sfollate e i gestori degli stabilimenti distrutti. Particolare enfasi fu posta sugli aiuti ai pescatori locali, molti dei quali avevano perso barche, reti e attrezzature durante la tempestaarchivio.unita.news.
Il Parlamento approvò quindi provvedimenti emergenziali nell’ambito del più ampio pacchetto di aiuti per l’alluvione del 1966. Furono stanziati fondi per la ricostruzione delle opere pubbliche danneggiate in provincia di Latina e per il risarcimento dei privati colpiti (entro i limiti delle risorse disponibili)legislature.camera.it. Ad esempio, già nel decreto-legge 9 novembre 1966 n. 976 (emanato per l’emergenza nazionale) si estese la moratoria dei mutui e il differimento delle imposte anche alle zone costiere laziali colpitecamera.it. Entro pochi mesi partirono i lavori di ripristino: ricostruzione dei lungomare e delle strade litoranee, rimozione dei detriti e potenziamento delle difese in alcuni porti (vennero riparati i moli frangiflutti ad Anzio e Nettuno, e rinforzata la diga del porto di Terracina). Le forze armate e la Protezione Civile dell’epoca (genio civile, vigili del fuoco, capitanerie di porto) intervennero per mettere in sicurezza gli edifici costieri pericolanti e ripristinare servizi essenziali. Le operazioni di soccorso nel Lazio furono coordinate con quelle nazionali sotto la supervisione del Ministero dell’Internolegislature.camera.itlegislature.camera.it.
Le cronache giornalistiche dell’epoca documentano ampiamente questi eventi. L’Archivio Storico Luce conserva cinegiornali del novembre 1966 che mostrano i litorali distrutti dal maltempo (sebbene l’attenzione mediatica fosse concentrata soprattutto su Firenze e Venezia). Anche i quotidiani nazionali riportarono notizie sui danni nel Lazio: ad esempio l’Unità dell’8 novembre 1966 riferiva dettagliatamente dei porti insabbiati e degli stabilimenti balneari rasi al suolo tra Anzio e Gaeta, riportando anche l’immediata iniziativa dei parlamentari comunisti per ottenere aiuti governativi alle zone costiere colpitearchivio.unita.newsarchivio.unita.news. Insomma, l’emergenza del litorale laziale entrò a pieno titolo nell’agenda dei soccorsi post-alluvione 1966.
Interventi successivi e opere di mitigazione
Nei periodi successivi, per far fronte al problema dell’erosione aggravato dalla mareggiata del 1966, si intrapresero vari interventi sul litorale laziale. Sul piano infrastrutturale, una delle prime grandi opere fu la costruzione del porto turistico di San Felice Circeo, avviata negli anni immediatamente seguenti e completata nel 1974circei.it. Questo porto (in località porto di Ulisse) dotò finalmente San Felice Circeo di un approdo sicuro, ma ebbe anche effetti sulla dinamica costiera locale, influenzando la distribuzione dei sedimenti. Nel breve termine, l’opera portuale e le dighe foranee ad Anzio e Terracina aiutarono a proteggere i centri abitati dalle mareggiate, ma spostarono spesso il problema dell’erosione più a sud, richiedendo interventi successivi lungo le coste adiacenti.
Durante gli anni ’70 e ’80 la Regione Lazio divenne attiva nel fronteggiare l’erosione marina. Venne emanata una specifica legge regionale per la tutela delle coste (nei primi anni ’80) che mirava a regolamentare le costruzioni lungo l’arenile e a pianificare interventi di difesapgsblog.it. Contestualmente, la Regione affidò a studiosi e tecnici il compito di studiare soluzioni ingegneristiche. Un ruolo di primo piano lo ebbe l’ingegnere Giorgio Berriolo, esperto di dinamica costiera, chiamato a elaborare un piano organico di difesa del litorale lazialepgsblog.it. Berriolo condusse rilievi e studi delle correnti marine e del trasporto di sedimenti, culminati nello “Studio generale sul regime delle spiagge laziali e delle Isole Pontine” (pubblicato nel 1985 sotto la presidenza regionale di Gabriele Panizzi)pgsblog.it. Su queste basi, la Regione finanziò progetti pilota di difesa costiera in diversi punti critici. In località come Terracina, Sabaudia, Formia e Minturno vennero realizzate opere quali pennelli, barriere frangiflutto e ripascimenti che rallentarono l’arretramento della costapgsblog.it. Ad esempio, a Terracina negli anni ’70 fu sacrificato ciò che restava di un vecchio stabilimento balneare per creare una robusta scogliera in massi a protezione del lungomarepgsblog.it. Questo intervento salvò il centro abitato da ulteriori mareggiate, resistendo persino a un nuovo violento assalto del mare durante le festività natalizie immediatamente successivepgsblog.it. Interventi analoghi di posa di scogliere e pennelli frangionda furono realizzati lungo il litorale di Latina (Foce Verde – Capo Portiere) e presso il Lido di Sabaudia negli anni ’80, con risultati alterni. Alcune spiagge sono state temporaneamente recuperate grazie a queste opere, ma spesso l’erosione si è semplicemente spostata più al largo o verso le coste vicinepgsblog.itpgsblog.it.
In sintesi, la devastante mareggiata del novembre 1966 sul litorale laziale – e in particolare a San Felice Circeo – rappresenta un evento storico documentato da numerose fonti italiane. Articoli dell’epoca, come quelli citati nell’Archivio de l’Unità, testimonianze locali raccolte in pubblicazioni (ad es. il blog storico di Pier Giacomo Sottoriva) e materiali d’archivio fotografici, concordano nel descrivere un fenomeno di straordinaria violenza naturalearchivio.unita.newspgsblog.it. Le conseguenze di quel disastro si fanno sentire ancora oggi: gran parte del litorale pontino ha perso la sua conformazione originaria e la gestione dell’erosione resta una sfida aperta. Grazie però agli interventi susseguitisi nei decenni (dalle leggi di tutela alle opere di difesa in mare aperto), le comunità costiere hanno potuto in parte adattarsi, ricostruendo infrastrutture e continuando a valorizzare – con maggior cautela – il proprio prezioso affaccio sul Mar Tirreno.
Fonti: Le informazioni sopra esposte provengono da fonti italiane autorevoli e d’archivio. In particolare sono state consultate cronache parlamentari del 1966senato.itlegislature.camera.it, articoli e documenti storici (l’Unità, novembre 1966)archivio.unita.news, il blog storico di P.G. Sottoriva (che riporta testimonianze dirette e foto d’epoca)pgsblog.itpgsblog.it, nonché pubblicazioni locali del Comune di San Felice Circeocircei.it. Queste fonti descrivono dettagliatamente sia gli eventi catastrofici del 1966, sia le misure adottate successivamente per la ricostruzione e la difesa della costa laziale. In assenza di filmati facilmente reperibili online sull’evento specifico, si è fatto riferimento a foto e resoconti d’archivio per ricostruire accuratamente la vicenda.
04 marzo 2025 | agg.2
13 gennaio 2017 | agg.1